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Mongiana

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Mongiana: il paese delle ferriere

La storia

Mongiana (in dialetto calabrese Mungiana) è un comune di 861 abitanti della provincia di Vibo Valentia. Le origini del paese, il cui nome pare derivare da quello di un ruscello che scorreva nella Piana Stagliata Micone al centro di fittissimi boschi, sono recenti. Il centro abitato fu fondato l’8 marzo 1771 sul colle Cima come residenza per operai, artigiani, impiegati, dirigenti e guarnigioni militari impegnati a svolgere attività produttiva nelle Reali Ferriere e Fabbrica d’Armi impiantatavi dai Borboni. Quest’ultima riusciva ad occupare fino a 2700-2800 persone. A Mongiana tra il 1825 ed il 1828 furono realizzati i primi ponti sospesi in ferro d’Italia: 04il “Real Ferdinando” sul fiume Garigliano ed il “Maria Cristina” sul Calore. Sempre a Mongiana furono costruite le rotaie per la prima ferrovia italiana (seconda in Europa), la famosa “Napoli-Portici”. Inoltre fu costruito il fucile da fanteria modello “Mongiana”. Era tanto importante la Fabbrica d’armi di Mongiana che ricevette la visita del re di Napoli Ferdinando II di Borbone: precisamente il 16 e 17 ottobre 1852. Abitava a Mongiana il Cavaliere Ferdinando Iorfida che possedeva la patente n. 1 per la Calabria e conduceva una delle prime automobili allora in circolazione di proprietà della famiglia Morabito. Dopo l’unità d’Italia inizia una rapida decadenza dell’insediamento produttivo. Di recente si è riuscito ad recuperare i resti del complesso siderurgico ed è attualmente in corso un restauro con lo scopo di creare un museo-territorio nell’attesa di una riqualificazione culturale e turistica della zona. Il territorio che circonda l’abitato è caratterizzato dalla presenza di rigogliosi boschi attraversati da torrenti incontaminati, aria pura e acqua cristallina che è possibile bere direttamente dalle sorgenti.

Da vedere:

La Fabbrica D’armi

ll passaggio da uno stile di produzione artigianale del ferro come avveniva lungo i ruscelli montani che guardavano sullo ionio a quello industriale più; a valle verso i pascoli del Cadarn, signorotto del posto, all’affluenza di numerosi torrentelli, dove il paesaggio naturalistico oltre che suggestivo era anche una fortezza non edificata dalle mani dell’uomo, ma frutto della medesima, elemento non poco rilevante visto che il genere di produzione allettava tanti filibustieri. Questo periodo è avvenuto sotto la direzione di Francesco Giovanni Conty. Anzi fu lui in persona che al primo sopralluogo individuò la sede di quelle che saranno la perla o quantomeno la gemella di Torre Annunziata. Molto presumibilmente verso l’anno 1771. Le prime fasi di costruzione di tutto l’impianto produttivo dagli ingredienti fino all’utensile, arma, strumento di precisione o semplicemente decorazione, prevedevano l’edificazione di almeno due altoforni, per la panificazione dela ghisa, di un maglietto ( che come vedremo più; innanzi è stato ricostruito più volte in siti diversi), di fornaci efficientissime per la raffinazione fino ad ottenere un ferro molto malleabile che doveva piegarsi docilmente al cesellatore. Mi divago un attimino. In realtà già in tempi più remoti rispetto ai quali ci stiamo interessando che il ferro era conosciuto in quel lembo di penisola. L’antichità delle miniere e dei forni stagionali, noti come ‘migratori’ ne è una testimonianza oltre al fatto che intorno alla Certosa di S. Bruno erano famosi i costruttori di splendidi letti in ferro battuto. Quindi il Conty arrivò a seguito della politica di Carlo, il re di Napoli e delle due sicilie. Presa visione della capacità dei locali, le potenzialità del territorio, e delle risorse impiantò le fondamenta dello stabilimento industriale secondo nel regno e anche nella penisola. Solo più simile forse alle realtà francesi piuttosto che inglesi dove si investiva in coke, che avevano dato origine alla nuova economia di investimento. (La maggior parte dei reperti sul resto del territorio nazionale di archeologia industriale risalgono agli inizi del Novecento). Nel 1791 la direzione fu affidata ad un successore ‘naturale’, Massimiliano Conty che pensò al potenziamento dell’estrazione del minerale chiamando a sé uno stuolo di esperti mineralogisti provenienti dalle più rinomate località culturali. All’alba del nuovo secolo, essendo state superate tutte le difficoltà per rispondere ai parametri dell’esigentissimo re e dei suoi comitati tecnici, ottenute le commissioni necessarie alla sopravvivenza, grazie alla commissione maggioritaria stessa che era costituita da armi da taglio, baionette fucili, pistole, cannoni e munizioni, oltre che la buona fetta costituita da ferro in pani e in lamine o gli stumenti di precisione. Ma la fetta maggiore , armi e munizioni, doveva essere protetta da latrocini. Cos f affidato lo stabilimento all’esercito. Nel 1801, il capitano Ribas fece il suo ingresso nel suo nuovo dominio e diede il via alla gestione militare grazie al passaggio dal ministero delle finanze a quello della guerra e della marina. I mineralogisti continuarono a lavorare per rendere il complesso che si era creato più dotato di materia prima. Ora il Genio militare, Fortunato Savino, trasferitosi sl posto avviò una vera campagna di rinnovo. Quest’individuo era dotato di un talento naturale verso la costruzione di qualsiasi meccanismo che funzionasse a fonti che oggi potremmo definire alternative, anzi molto più propriamente rinnovabili. La sua perizia trasformò un errore in una prodezza. Per la costruzione della nuova officina del maglietto, intorno al 1830, all’affluenza dell’Alaro con il Ninfo, gli fu inviata dagli ingegneri napoletani una macchina a vapore fatta pervenire dalle fabbriche inglesi. Il Savino la trasformò in una macchina mossa dall’energia sprigionata dalle cadute d’acqua. In reatà un’altra vicenda viene citata a proposito del genio, infatti si narra fu capace di aumentare la produzione di ghisa nella stagione estiva, quando le cadute sono insufficienti a soffiare negli altoforni. L’innovazione di riconvogliare i gas di combustione in un meccanismo che li riportasse ad essere risoffiati dentro in modo tale di portare una certa quantità di ossigeno alla combustione.

Le Ferriere di Mongiana

Sotto la direzione del Conty senior, si ebbe il trasferimento delle piccole fucine nei pressi delle miniere ed in alta montagna Via Carbonile in prossimità del combustibile necessario con l’insediamento a valle sul piccolo colle, lambito dall’Alaro e da innumerevoli sorgenti, che venne ribattezzato Mongiana. La porta del monte.La prima grande opera dell’erigendo stabilimento siderurgico è stata la Fonderia.Oggi si tende a minimizzare sull’entità di tale stabilimento. In realtà quella che adesso è mostrata quale prima fonderia della fase industriale, in realtà sono soltanto i resti di quella che fu la sede degli altiforni che comprendeva appunto le camere che li contenevano, i depositi per il minerale e il combustibile in prossimità delle bocche dei forni nell’attuale via Carbonile. Fortificata e ben protetta da mura di granito e calcestruzzo. e soprattutto dall’impervio paesaggio naturalistico molto suggestivo. Nel corso della storia produttiva della fonderia hanno funzionato un totale di quattro altiforni. I cronisti riportano i nomi con i quali sono stati chiamati: Santa Barbara, San Francesco, Sant’Antonio e San Ferdinando. I ruderi della fonderia ci lasciano il segno. Diverse sono state le tecniche usate per produrre la ghisa a Mongiana a seconda del progresso della mineralogia. Agli esordi il minerale veniva Interno sede altoforno frantumato elavato ed asciugato, in seguito il procedimento venne ammodernato e si Mongiana ritenne inutile il lavaggio che apportava umidità alla combustione. Un singolo altoforno era capace di produrre dalle quarantacinque alle sessantacinque centinaia. Il carico avveniva dalla presura in alto che si trovava a livello dei magazzini del carbone della limonite. Il carico di fusione era composto di carbone, minerale, scorie, sabbie fondenti estratte a Santa Maria del Bosco a Serra S.Bruno.

Parco Villa Vittoria

Villa Vittoria, Centro Polifunzionale del Corpo Forestale dello Stato, ubicata all’interno della Riserva Naturale Biogenetica “Cropani-Micone” a 910 metri s.l.m..

Posta alla periferia di Mongiana, costeggia la SS 510 che costituisce la via di accesso al centro. La struttura costituisce un costante punto di riferimento, oltre che per il turismo montano, per visite didattiche e per gli stage legati ai problemi ecologici ed ambientali organizzati da Università. Nelle riserve naturali delle serre “Cropani-Micone” e del “Marchesale” sono stati elaborati, numerosi percorsi naturalistici, a cura del Corpo Forestale dello Stato di Mongiana, ove è possibile richiedere l’opuscolo contente tutte i percorsi e diverse informazioni come i tempi di percorrenza, difficoltà ecc.